L’importanza “scientifica” di un buon menu
A tavola, in un ristorante. Dopo essersi accomodati, si inizia a consultare il menu. Chi crede che la sua elaborazione sia l’ultimo dei problemi sbaglia di grosso. Perché la sua redazione è uno degli aspetti più importanti per il funzionamento del locale. E non si parla di una questione solo puramente estetica, ma anche del modo in cui, al suo interno il menu è organizzato, dal momento che questo non è più considerato come un semplice elenco di piatti con i relativi prezzi, ma è diventato un vero e proprio strumento di vendita.
Non a caso si parla sempre più di menu engineering, di una “ingegnerizzazione” del menu, cioè uno studio puntuale su come redigerlo, in modo tale che possa colpire il cliente e orientarlo a scegliere determinate portate. Certo, c’è chi parte con le idee chiare e sa subito cosa vuole, ma la maggior parte dei fruitori consulta il menu prima di decidere cosa mangerà. E da quella scelta dipende il guadagno del ristoratore. Ci sono infatti scientifiche strategie per massimizzare i profitti del locale utilizzando come strumento proprio il menu. In che modo? Agendo sul formato, sul design e sulla descrizione delle voci che lo compongono, è stato dimostrato da studi americani, che si riesce ad influenzare la scelta delle persone. Capacità di preveggenza? No, semplicemente un mix di matematica e psicologia. Per questo è necessario ottimizzare il menu, considerando una serie di fattori. Il menu innanzitutto deve essere perfettamente adeguato alla location che lo ospita e deve essere frutto della collaborazione tra chef e sommelier.
Ma di menu ci sono molteplici declinazioni. Ci sono quelli preparati appositamente per feste e ricevimenti, da curare con grande attenzione anche nella bellezza visiva. Ci sono poi menù a tema, che si possono proporre a seconda della stagionalità o di particolari serate che si intende organizzare. Ci possono essere menu costruiti intorno ad un vino, menu degustazione o a prezzo fisso, anche se quest’ultima tipologia è ancora spesso legata al turismo o al pranzo di lavoro. E poi c’è il tradizionale menu alla carta, con un’impostazione standard che parte dagli antipasti e finisce al dolce. Sarebbe preferibile un menù non eccessivamente lungo, possibilmente a due ante, in modo da non confondere il cliente e magari che inizi con una citazione riferita all’arte culinaria. Nella sua composizione si parte dal piatto con il prezzo più basso per poi salire, indicando il prezzo a destra.
E anche nella scelta dei nomi delle portate, meglio un po’ di fantasia, senza però lasciarsi prendere la mano con piatti che non si capisce di cosa siano fatti, puntando invece l’attenzione sull’indicazione dei prodotti ricercati come quelli Dop, Slow Food o di altri presidi, avendo cura di scrivere il tutto con un font chiaro e leggibile. E avendo a mente che, in questi casi, è meglio rivolgersi a professionisti del settore, che possano trasportare il menu ideato su un formato adeguato, con una carta specifica, esaltandone con artifici grafici la bellezza e la particolarità.